Questa progettazione affonda le
radici nelle teorie di Comenio e di alcuni esponenti delle “scuole nuove”, dove
l’esperienza è il luogo più favorevole dell’apprendimento e del learning by doing. Il laboratorio è la
modalità di lavoro privilegiata, esito di un processo che si origina sull’esperienza
concreta. In ambito educativo, Baldacci sostiene che il laboratorio è tale non
solo in quanto spazio attrezzato, ma soprattutto in ragione della qualità
dell’attività che si svolge; non solo spazio fisico, ma soprattutto contesto.
Questa riflessione è particolarmente adattabile ai servizi per la prima
infanzia, poiché “pone l’accento da un lato sulla non coincidenza del
laboratorio con uno spazio attrezzato, come spesso lo si definisce nella
quotidianità, e dall’altro lo definisce possibile in tutti i momenti educativi
nei quali il bambino si trova immerso fin da piccolissimo” (Restiglian E., Progettare
al nido. Teorie e pratiche educative, Carocci Editore, Roma 2012, p.83).
Il bambino può:
·
Essere
attivo
·
“Costruire”
la conoscenza in prima persona
·
Provare
possibili strade e modalità diverse
L’adulto deve:
·
Essere
regia e guida
·
Lasciar
spazio alla soggettività dei bambini
·
Ricostruire
i punti di vista dei bambini, partendo dalle loro azioni
·
Verbalizzare
azioni e riflessioni dei bambini
·
Stimolare,
interessare, incuriosire, sollecitare
Il laboratorio risponde a una
serie di bisogni del bambino: affettivi, di movimento, fisiologici, di gioco,
di divertimento,di socializzazione di autonomia, di calma, di scoperta...
Nb: è importante che il
laboratorio garantisca il benessere di adulti e bambini che vi partecipano.
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