domenica 12 gennaio 2014

MANOVRE DI DISOSTRUZIONE PEDIATRICA

Non dimenticatevi mai di ripassare le manovre perché “chi salva un bambino salva il mondo intero”!!!

Un bambino alla settimana in Italia perde la vita per ostruzione delle vie aeree, questo non deve spaventare o allarmare in modo eccessivo, ma purtroppo aprire gli occhi sulla realtà.
In genere non è l’oggetto in sé a provocare la morte i gravi danni al bambino, ma il non saper fare la cosa giusta! Ecco le linee guida internazionali: quando ci si accorge che il bambino non sta respirando, che è diventato scuro in volto, lo dobbiamo invitare a tossire (nel frattempo qualcuno deve chiamare il 118).
Poi bisogna prendere il bambino per la mandibola, posizionarlo a testa in giù sul ginocchio e dargli cinque colpi ben assestati tra le due scapole verso l’esterno. Subito dopo bisogna praticare la manovra di Heimlich: in pratica si fa una compressione addominale a livello dell’epigastrio, in direzione del diaframma. La compressione provoca l’aumento brusco della pressione sottodiaframmatica che si propaga al torace e produce una spinta verso le vie aeree superiori.
Per i bambini questa manovra è consigliata però solo sopra l’anno di età.
La manovra di Heimlich, va alternata ai cinque colpi, fino a quando il corpo estraneo non è fuori e il bambino respira nuovamente bene.

I lattanti, ossia i bimbi fino a 12 mesi, invece, vanno trattati diversamente. Il bambino va preso sempre per la mandibola, ma lo si tiene sul braccio con il viso rivolto verso il pavimento e si applicano, anche in questo caso, i cinque colpi ben assestati. Poi lo si gira e si effettuano cinque compressioni al centro del torace; le due manovre vanno sempre alternate.



Ecco due video da guardare!


 


sabato 11 gennaio 2014

Il "buon educatore"

Sapere, saper fare, saper essere e saper interagire...alla 
base del “buon educatore”!


SAPERE: saperi teorici.

SAPER FARE: conoscenze, metodologie e tecniche volte alla programmazione, progettazione e riflessione.
SAPER ESSERE: non esiste educazione senza coinvolgimento emotivo; tale dimensione prevede:
  • RIFLETTERE criticamente sui propri vissuti;
  • METTERSI IN GIOCO;
  • creare un DISTACCO EMOTIVO dalle situazioni emozionalmente troppo intense.
SAPER INTERAGIRE:
1. Coi bambini: fondamentale è la CAPACITÁ D’ASCOLTO:
  • ASCOLTO PASSIVO: significa lasciar spazio e occasioni al bambino per potersi esprimere liberamente;
  • ASCOLTO ATTIVO: significa attuare un'osservazione-ascolto come documentazione e interpretazione dei comportamenti dei bambini; si tratta di uno stile educativo non invadente.
2. Coi genitori: il Nido e la famiglia s'influenzano reciprocamente; ciò implica:
  • Instaurare una comunicazione che crei collaborazione e reciproca conoscenza;
  • costruire un rapporto di fiducia che li rassicuri;
  • Comprendere le loro ansie e paure;
  • Testimoniare la disponibilità all’ascolto e allo scambio.
3. Con l'équipe: ciò implica:
  • condividere;
  • confrontarsi;
  • produrre;
  • negoziare;
  • collaborare;
  • stare insieme.


...E voi, cosa ne pensate di queste 4 dimensioni??

Il Nido come luogo d'INCONTRO


L’asilo nido, in quanto luogo di relazioni, si fa spazio di sviluppo dell’affettività e dell’emotività. I gesti di cura alimentano la circolarità della relazione tra adulti e bambini, giocando un ruolo fondamentale nella crescita di tutti.

L’Asilo nido si propone come luogo di accoglienza verso il bambino e la sua famiglia ed offre spazi di ascolto, di conoscenza reciproca, di condivisione che consentono alla famiglia di partecipare attivamente al percorso di crescita del proprio bambino e di realizzare una continuità tra l’esperienza al Nido e l’esperienza nell’ambito familiare. L’incontro ed il confronto con altri adulti (educatori, altri genitori) presenti nel servizio favoriscono, nel genitore, la crescita della consapevolezza del proprio ruolo e della propria competenza educativa. A partire dall’ambientamento viene accolta la coppia genitore-bambino e si riconosce al genitore il ruolo di protagonista nell’accompagnamento graduale del proprio bambino nel nuovo ambiente Nido.
Durante questa esperienza si crea una relazione di fiducia e di collaborazione che si consolida nel tempo attraverso un contatto costante con il personale educativo e la partecipazione ai vari momenti di incontro programmati nel servizio.


Asilo Nido come luogo di intermediazione ed integrazione culturale

Il nido, contesto educativo multiculturale, è diventato sempre più un luogo di confronto di modelli e pratiche di cura differenti appartenenti ai genitori, italiani e stranieri, e agli stessi educatori.

In questo senso il Nido si caratterizza come:
risposta sociale” ai bisogni delle famiglie;
luogo di confronto tra pratiche educative differenti;

luogo di incontro tra famiglie.

venerdì 10 gennaio 2014

LA COMUNICAZIONE NON VERBALE

La comunicazione non verbale, costituita da sguardo, mimica facciale, contatto corporeo, postura, distanza, orientamento, gesti, voce e aspetti non verbali del parlato è essenziale e, se si vuole trasmettere un messaggio efficace, deve accompagnare sempre la comunicazione verbale. Immaginiamo un’educatrice che, all’arrivo del genitore, è sulla soglia della stanza, tiene la porta aperta e sorride al bambino e alla mamma che lo tiene in braccio, poi li fa entrare tenendo le braccia aperte e guardando la mamma negli occhi. Oppure, la stessa educatrice resta all’interno della stanza, saluta mamma e bambino senza sorridere e tiene le braccia incrociate sul petto. Anche se il contenuto della conversazione può essere identico, è chiaro come le emozioni che traspaiono sono molto diverse. Dobbiamo sempre ricordare, quindi, che impostare una conversazione con il genitore o con qualsiasi altra persona non significa soltanto pensare ai contenuti da riferire, ma significa anche imparare a controllare i propri gesti, essere accoglienti con tutto il proprio corpo, comunicare empatia e comprensione attraverso il viso e gli occhi.


Vediamo ora quali sono gli aspetti, chiamati  3V+B, ai quali prestare attenzione:
  • V contatto visivo (oculare): guardare la persona
  • V tono della voce: ritmo e toni della voce, legame con la sfera emotiva
  • V aderenza verbale: stare con quello che l’altro dice, con la sua storia, non con la propria interpretazione di quella storia. Non cambiare argomento o se si cambia esserne consapevoli
  • B linguaggio corporeo: dimostrare attenzione e autenticità attraverso la postura del corpo

Altro elemento fondamentale da migliorare è l’ascolto attivo, che si attiva con questa sequenza:
1.Prestare attenzione e ascolto in maniera consapevole
2.Fare domande
3.Abilità di osservazione
4.Incoraggiare
5.Parafrasare
6.Fare il sommario
7.Verbalizzare

Esempi di linguaggio negativo vs positivo:
  • Non mi piace che tu faccia vs vorrei che tu facessi
  • Sei molto distratto vs stai attento!
  • Non essere così egoista vs puoi essere più generoso
  • Fai confusione perché non rifletti mai vs puoi rifletterci prima
  • Non finiamo mai in tempo vs vorrei che finissimo in tempo

Buone pratiche facilitanti:
Autorevolezza: Accogliere i cambiamenti e concordare alcune regole pratiche di comportamento, indispensabili alla convivenza
Reciprocità: parlare insieme di ciò che si fa, di chi si incontra, dei progetti, ecc
Intenzionalità: ascoltare, riflettere, condividere…
Incoraggiare: vedere gli aspetti positivi e non solo i rischi, annuire, fare gesti e espressioni facciali, ripetere parole chiave…
Riassumere: per chiudere una parte di colloquio rimandando all’interlocutore concetti chiave della comunicazione, senza interpretare
Parafrasare: riformulare i contenuti del messaggio dell’altro con parole proprie per chiarire il contenuto del messaggio
Verbalizzare: è una forma di supporto verbale che si riferisce più agli aspetti emozionali. Ad esempio, se ci dicono “Sono completamente scoraggiato, non ne posso più”, si può rispondere dicendo: “ti senti proprio a terra” o “ti senti triste per quanto ti sta capitando” o “non ce la fai più, ecco cosa provi in questo momento”.

IL NON DETTO

Per un educatore di nido è fondamentale interrogarsi sul “non detto”, sul “latente”, sull’implicito di tutte le situazioni che vive. Le educatrici devono interrogarsi profondamente non solo su se stesse e sul proprio operato ed emozioni ma anche sul "non detto" di ciò che i genitori raccontano del loro bambino, su ciò che fanno trasparire in maniera più o meno diretta e cosciente della loro relazione con il piccolo. Di seguito alcuni esempi significativi di domande chiave profonde da porsi:

  • Qual è l’idea di separazione di questa mamma dal suo bambino al momento di lasciarlo al nido?
  • Cosa ritiene questa famiglia che un bambino di un anno dovrebbe saper fare?
  • Qual è il significato del comportamento non verbale di questo papà?
  • Perché questa famiglia considera così importante mantenere questa abitudine alimentare della sua bambina?
  • In che modo questi genitori a casa danno da mangiare, addormentano, coccolano, raccontano le fiabe al loro figlio?
  • Quando e come gli dimostrano che gli vogliono bene?
Fonti: Elisabetta musi, Mondozero3 n. 2 settembre-ottobre 2008

ACCOGLIENZA – DISTACCO – RICONGIUNGIMENTO

Ecco a voi alcuni aspetti importanti sui momenti di accoglienza, distacco e ricongiungimento. Nella prima tabella potrete trovare gli aspetti psicologici che caratterizzano queste ruotine mentre nella seconda leggerete degli spunti sul comportamento che dovrebbero tenere gli educatori.


MORDERE AL NIDO

Al nido spesso succede che i bambini vengano morsicati dai loro compagni. La prima conseguenza è la mortificazione delle educatrici e successivamente la rabbia dei genitori che pensano che il proprio bambino non sia stato accudito a dovere. Gli adulti spesso drammatizzano la situazione mentre i bambini dimenticano subito l’accaduto e tornano serenamente a giocare con il piccolo amico “aggressore”.Ecco allora qualche riflessione sul significato del mordere per un bambino da 0 a 3 anni.
Il mordere di solito per il bimbo sull'anno di età è un modo per scoprire quello che lo circonda. Già dai sei-otto mesi di vita il lattante porta tutto alla bocca: questo è il modo migliore per scoprire e riconoscere gli oggetti, la loro forma, il loro sapore e odore. La bocca rimane lo strumento attraverso il quale il bimbo conosce il mondo circostante. Dopo l'anno il piccolo incomincia a capire che il mordicchiare attira la simpatia di mamma e papà; allo stesso modo il bambino più grande può utilizzare il morso per attirare l'attenzione degli altri su sé stesso o per scaricare una tensione emotiva. Più il bambino cresce, più il morso viene utilizzato quando c'è frustrazione, cioè impedimento ad una comunicazione più naturale. Bisogna ricordare che i bambini passano subito all’atto e non veicolano le loro emozioni attraverso la razionalità. Un esempio concreto: se il bambino è arrabbiato con il suo compagno che gli ha appena rubato il gioco lo può mordere. In genere fino ai 20 mesi non è ancora in grado di comprendere la disciplina e quindi la rabbia della mamma o delle educatrici fa parte del suo divertimento.


Cosa fare quando un bambino morde?
·         Evitare di ridere o di stare al gioco del bambino
·         Bisogna consolare la vittima, ma anche fare un intervento educativo verso il “morsicatore”, bisogna mantenere la calma ed evitare di far sentire il bambino cattivo perché questo amplifica il problema
·         Esprimere al bambino la contrarietà ai morsi, anche se sono piccoli bisogna dirgli che fa male e fargli vedere il segno
·         Visto che sono nell’età in cui masticano e mettono tutto in bocca concediamogli giochi che possono essere morsicati.
·         Se si valuta che sta per mordere intervenire usando un tono di voce dura, guardandolo negli occhi
·         Non utilizzare sistemi: tipo schiaffi o pizzicotti o morsi perché gli confermerebbe l’idea che il morso serve a far valere i propri diritti e che chi morde è il più forte
·         Se si ha l’abitudine per gioco di mordicchiare il bambino, smettere di farlo in quanto non è in grado di capire la differenza tra morsi affettuosi e quelli aggressivi