martedì 31 dicembre 2013

SPANNOLINAMENTO

Quando arriva il momento dello spannolinamento dobbiamo sostenere i genitori, senza mai sostituirsi a loro, tenendo ben presente che il passaggio dal pannolino al vasino, in genere è una sorta di problema per i genitori, che attorno ai due anni (spesso molto prima), spingono i bambini verso questo importante cambiamento che li angoscia; ma bisogna ricordare che per raggiungere il controllo sfinterico, il bambino deve aver completato la maturazione a livello nervoso degli sfinteri ed essere pronto a livello psicologico per poter superare questo momento. Infatti togliere il pannolino per il bambino significa far vedere agli altri, tutto ciò che era racchiuso nel pannolino, che rappresenta una sorta di “contenitore amico”; invece con il vasino tutto quello che il bambino porta all’esterno del suo corpo viene visto sia dagli adulti che dagli altri, tanto che questa situazione può generare rabbia e ansia. Si sa che è un cambiamento importante e difficile al contempo, perché possono nascere delle difficoltà....ad esempio un tasto dolente per alcuni bambini è l’evacuazione: molti richiedono il pannolino all’adulto, il quale è meglio che assecondi questa richiesta perché dimostra che il bambino ne ha davvero bisogno e non è ancora pronto. Le feci per il bambino sono un regalo per l’adulto, infatti, nel primo periodo d’ambientamento difficilmente un bambino decide di evacuare al nido, ma preferisce aspettare di essere a casa con la mamma o con il papà; a un certo punto l’educatrice capisce che il bambino si sta rilassando e che inizia ad aver fiducia sia in lei sia nell’ambiente.  


Le parole chiave che guidano sono: ascolto, attesa e pazienza. Non bisogna costringere il bambino!

Per vivere tranquillamente lo spannolinamento ci sono alcuni segnali che aiutano a capire se il bambino è pronto:
·         rimane asciutto per almeno 2 ore di seguito durante il giorno
·         è asciutto anche dopo il pisolino
·     è regolare nell’andare di corpo (alcuni bimbi vanno anche più volte al giorno, altri ogni due giorni, importante è la regolarità)
·         ha una certa autonomia nel “prepararsi” per il vasino (sa tirarsi giù  i pantaloni)
·         sa parlare per comunicare i suoi bisogni

Segnali che è preparato emotivamente:
·         dimostra di voler sentirsi “grande” (vuole fare da solo e comunica di voler usare le mutandine invece del pannolino)
·         vuole collaborare (cosa difficilmente possibile durante la fase del terrible two e dei “no”)
·         non gli piace il pannolino sporco o bagnato

Alcune strategie che possono dimostrarsi utili:
·         mantenere la calma: ogni bambino è diverso e ha tempi diversi
·         essere da esempio: i bambini imitano
·         usare un linguaggio semplice
·         aiutare il bambino a riconoscere il momento in cui fa la cacca o la pipì
·         leggere un libro che riguardi per esempio il vasino, il wc o la cacca
·         vestire il bambino con un abbigliamento comodo e facile da rimettere
·         non rimanere sul vasino più di 5 minuti, dopo dare tanti abbracci e coccole anche se non ha fatto niente: in fondo ci ha provato! E’ molto normale che due secondi dopo si sporchino: non è una sfida, è solo che i segnali sono arrivati, ma sono stati “capiti” in ritardo
·         non umiliare mai il bambino se si sporca e non arrabbiarsi
·     attenzione nel tirare l’acqua, perché possono esserci reazioni diverse: ad alcuni piace (salutano la cacca “ciao cacca!”), altri invece si spaventano. Non va fatto quando il bimbo è ancora seduto, perché alcuni temono che insieme alla cacca verranno risucchiati anche loro. Vanno rassicurati che solo la carta e la cacca se ne vanno giù
·         bisogna sempre insegnare di lavarsi le mani dopo essere andati in bagno

Ogni tanto si fanno dei passi avanti, ogni tanto qualcuno indietro, ma poi si procede comunque!
L’importante è non avere fretta, non serve!

Ci vuole tempo, pazienza e tanto amore!

                                                                   
Un utile video con qualche consiglio! http://www.youtube.com/watch?v=JzLlIfv09t0




lunedì 30 dicembre 2013

IL RUOLO DEL COORDINATORE DURANTE LE RIUNIONI



Durante le riunione d’equipe un ruolo molto importante lo riveste il coordinatore.

Per quanto riguarda il metodo, il coordinatore si occupa di: 

  • Chiarire il compito di riunione 
  • Rimanere centrati sul compito 
  • Fare sintesi periodiche 
  • Separare la produzione di idee dalla valutazione 
  • Aiutare a ricercare le positività nelle idee altrui 
  • Rendere visibili a tutti le idee e le proposte emerse 
  • Garantire la successione logica delle fasi 
  • Controllare i tempi interni della riunione 
  • Verificare in itinere il raggiungimento dell’obiettivo

 Per quanto riguarda i processi comunicativi:

  • Stimolare i feed-back interpersonali 
  • Dar voce alle domande velate o quelle cadute nel vuoto 
  • Valutare qualitativamente le interazioni 
  • Gestire i silenzi 
  • Abituare a collegarsi con le idee di chi ha parlato prima 
  • Attenzione ai giochi relazionali

 Per quanto riguarda le dinamiche invece deve:

  • Gestione dei conflitti 
  • Controllo dell’equilibrio efficacia-efficienza 
  • Lettura dei sintomi di fissità o movimento 
  • Coinvolgimento dei partecipanti

 E per concludere occorre:

  • Riprendere gli obiettivi e i concetti di fondo 
  • Riprendere e verificare decisioni e incarichi

domenica 29 dicembre 2013

PROGETTARE PER LABORATORI

Questa progettazione affonda le radici nelle teorie di Comenio e di alcuni esponenti delle “scuole nuove”, dove l’esperienza è il luogo più favorevole dell’apprendimento e del learning by doing. Il laboratorio è la modalità di lavoro privilegiata, esito di un processo che si origina sull’esperienza concreta. In ambito educativo, Baldacci sostiene che il laboratorio è tale non solo in quanto spazio attrezzato, ma soprattutto in ragione della qualità dell’attività che si svolge; non solo spazio fisico, ma soprattutto contesto. Questa riflessione è particolarmente adattabile ai servizi per la prima infanzia, poiché “pone l’accento da un lato sulla non coincidenza del laboratorio con uno spazio attrezzato, come spesso lo si definisce nella quotidianità, e dall’altro lo definisce possibile in tutti i momenti educativi nei quali il bambino si trova immerso fin da piccolissimo” (Restiglian E., Progettare al nido. Teorie e pratiche educative, Carocci Editore, Roma 2012, p.83).
 
Il bambino può:
·         Essere attivo
·         “Costruire” la conoscenza in prima persona
·         Provare possibili strade e modalità diverse




L’adulto deve:
·         Essere regia e guida
·         Lasciar spazio alla soggettività dei bambini
·         Ricostruire i punti di vista dei bambini, partendo dalle loro azioni
·         Verbalizzare azioni e riflessioni dei bambini
·         Stimolare, interessare, incuriosire, sollecitare

Il laboratorio risponde a una serie di bisogni del bambino: affettivi, di movimento, fisiologici, di gioco, di divertimento,di socializzazione di autonomia, di calma, di scoperta...

Nb: è importante che il laboratorio garantisca il benessere di adulti e bambini che vi partecipano.


PROGETTARE PER CAMPI D' ESPERIENZA

I campi di esperienza, secondo il decreto ministeriale del 1991 (si riferisce però alla scuola dell’infanzia, quindi nella fascia 0-3  si devono eliminare tutti i tentativi di precocizzazione degli apprendimenti) sono i diversi ambiti del fare e dell’agire del bambino e con le modifiche del 2003 classificati in: corpo e movimento; fruizione e produzione di messaggi; esplorare, conoscere e progettare; il sé e l’altro. Poi vi sono state anche delle modifiche con le Indicazione per il curricolo 2007. Al di là dei cambiamenti nella scuola dell’infanzia, anche nelle strutture caratterizzate da progettualità verticali come i centri infanzia e i nidi integrati si sottolinea che l’interesse primario è l’identificazione di possibili settori di esperienza per il bambino, all’interno dei quali sviluppare gli  apprendimenti. Agli educatori spetta il compito di predisporre giochi e attività differenti senza privilegiare alcun campo in particolare, ma dando ad ogni bambino la possibilità di esprimere, divertirsi, crescere  e imparare.

I campi di esperienza sono ripresi dalla scuola dell’infanzia e mirano al perseguimento di obiettivi formativi del processo educativo = competenze (atteggiamenti, capacità e conoscenze) da parte dei bambini, ciascuno secondo i suoi ritmi e i suoi stili apprenditivi. Si configurano come: “predisposizione di un accogliente e motivante ambiente di vita, di relazioni e di apprendimenti che, escludendo impostazioni precocemente disciplinariste e trasmissive, favorisca una pratica basata sulla articolazione di attività, sia strutturate che libere, differenziate, progressive e mediate”. (Decreto Ministeriale 03 giugno 1991, “Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali”).

I campi di esperienza:
  • Identificano uno specifico ambito di indagine e di ricerca all’interno del quale i bambini possono cimentarsi
  • Sono luoghi “del fare e dell’agire” perché diventano opportunità per esplorare se stessi, le figure di riferimento, i compagni, il proprio corpo, la realtà circostante, il mondo dei linguaggi…
  • Sono volti al perseguimento di precisi obiettivi formativi perché i suoi interventi sono sempre intenzionali, programmatici e realizzati in forma flessibile, personalizzata, esperienziale e ludica


Al Nido i campi di esperienza sono rilevanti:

·     Per definire proposte di contenuti di attività e predisporre delle metodologie attraverso le quali tali contenuti vengono offerti ai bambini

  • Riuniscono i momenti, gli strumenti e le attività proposte e rielaborate dagli educatori per definire e gestire i percorsi formativi intenzionalmente proposti ai bambini dell'asilo nido
  • Non vengono proposti  nel contesto aula, ma piuttosto nell’organizzazione globale dell’ambiente nido, utilizzando materiali concreti e quotidiani e utilizzando tutti gli spazi, interni ed esterni, della struttura

PROGETTARE PER SFONDI INTEGRATORI

Questo modello ha origine in Italia, verso gli anni sessanta/settanta, per cercare di andare oltre l’ottica della progettazione per obiettivi, la quale era molto rigida e non era in grado di rispondere a tutte le diverse esigenze. “Il gruppo di studiosi metteva in relazione la crescita con la capacità progressiva del soggetto di sapersi rappresentare in un contesto e riteneva quindi necessario che un bambino potesse crescere e realizzarsi solamente in rapporto a uno specifico ambito fisico e culturale” senza però che ciò sia troppo fisso e delimitato. Quindi la proposta di sfondo integratore per dare al bambino la possibilità di collocarsi in “una struttura connettiva narrativa nella quale possa essere padroneggiato l’imprevisto” (Canevaro A., Lippi G., Zanelli P., Una scuola uno sfondo. “Sfondo integratore”, organizzazione didattica e complessità, Nicola Milano, Bologna 1988, p. 12.). La narrazione intesa come storia nella quale il bambino entra senza difficoltà, dal quale il bambino si alimenta e che il bambino stesso alimenta con le sue azioni. In questo modo l’adulto riconosce il ruolo del bambino e favorisce la sua autonomia assumendosi il compito di organizzare lo sfondo (spazi, tempi, regole, ecc…); in questo modo emerge direttamente il bambino in primo piano. Inoltre lo sfondo permette di legare tra loro le diverse esperienze del bambino nella realtà, conferendo loro senso.
In questa tipologia di progettazione emergono due tipi di sfondi: lo sfondo istituzionale (spazi, tempi, mediazione, regole) e lo sfondo narrativo (connotazioni e significati che si vogliono trasmettere, spesso con i bambini è più utile lo sfondo fantastico).

Fasi di una progettazione per sfondi integratori:

·         analisi situazione (conoscere bambini e bisogni)
·         definizione sfondo, definizione mappa e obiettivi
·         elaborazione nuclei progettuali, osservazione
·         controllo feedback e valutazione, documentazione
·          
Un esempio di sfondo integratore di un asilo è la simpatica nuvola Olga di Nicoletta Costa! Voi che altri sfondi integratori utilizzate?





Per realizzare la progettazione-programmazione educativo didattica le educatrici che adottano il modello dello sfondo integratore, utilizzano una mappa di percorsi, inizialmente proposti dall'adulto, ma aperti anche ad una evoluzione che tenga conto dei bisogni manifestati dai bambini; un insieme di giochi e attività collegate da un unico personaggio introdotto attraverso una storia.
L'intenzione è di offrire una cornice ben delineata all'interno della quale, però, il bambino è libero di apportare il proprio contributo personale; la spontaneità e la creatività sono gli ingredienti con i quali i bambini possono appropriarsi di proposte fatte dall'adulto per trasformarle in base ai loro bisogni e inclinazioni e crescere secondo un proprio originale percorso in modo attivo e personale.



sabato 28 dicembre 2013

SCHEDE UTILI PER IL PRIMO COLLOQUIO

Nonostante ben sappiamo che gli strumenti che utilizziamo devono essere "fatti a misura" (nel senso che devono essere calati nel proprio servizio per poter tener conto delle specificità di ognuno) è sempre utile comunque avere delle schede che ci fanno da guida.
Ci potrebbero seguire i seguenti strumenti:

Scheda da far compilare alla famiglia e tenere presso la struttura

Traccia per il colloquio

e di seguito altre schede più dettagliate




LE BARRIERE NELLA COMUNICAZIONE

Ci sembra molto interessante postare questi utili consigli sulla comunicazione....sarebbero molto utili da utilizzare durante il nostro lavoro quotidiano!!

Cliccando sopra ingrandirete l'immagine e potrete leggere meglio!

giovedì 26 dicembre 2013

METODOLOGIE PER IL LAVORO D’EQUIPE

Vi suggeriamo un elenco di tecniche e strategie attraverso le quali il gruppo di lavoro può costruire la propria professionalità:


► incontri quotidiani tra educatrici sulla base dei bisogni evidenziati, intra ed extra sezione

► incontri settimanali con la responsabile

► incontri mensili con il coordinatore pedagogico

► incontri con specialisti del territorio (psicologo, pediatra, assistente sociale..)

► formazione costante attraverso letture di articoli, testi e fascicoli inerenti la prima infanzia

► partecipazione a corsi di formazione organizzati da diversi enti

► collaborazione con progetti di tesi e tirocini dell’Università

mercoledì 25 dicembre 2013

CANZONCINE AL NIDO

Avete esaurito la vostra riserva di canzoni e filastrocche per i vostri bimbi? Forse i video di queste nostre colleghe potrebbero aiutarci a trovare nuovi spunti interessanti!!


Questo è il link per il canale di Greta, mentre quest'altro è il canale di Coccole Sonore!!






Divertitevi ad ascoltare!!!

martedì 24 dicembre 2013

COME FUNZIONA IL NIDO……IN SVEZIA?!?!

Avete mai pensato a come sia strutturato il Nido in Svezia, Paese che spinge fin da piccolissimi all’indipendenza e all’autonomia?
Innanzitutto, c’è da dire che non c’è nessuna struttura che accoglie i bambini prima del compimento di un anno d’età. Di solito l’asilo svedese accoglie bambini da 1 a 5-6 anni, suddivisi in base all’età. Si possono scegliere strutture comunali o private, ma il costo non cambia: dipende dal reddito familiare e in ogni caso non può superare i 130 euro mensili!! Dal momento della ricezione della richiesta di un posto all'asilo, il comune ha l'obbligo di offrire un posto entro quattro mesi. L'orario della permanenza all'asilo deve coincide con gli orari lavorativi dei genitori, e quindi è di circa 40 ore alla settimana (strutture aperte dalle 6:15 alle 18 circa). Per i genitori che non lavorano, la permanenza non può invece superare le 15 ore settimanali. Il “chi ne ha bisogno” è la chiave del sistema svedese: nei giorni di ferie o quando non si è al lavoro (per i motivi più disparati, tranne la malattia) non è permesso lasciare i bambini all'asilo! L'asilo non deve essere visto come un parcheggio, dove lasciare i figli per andare dal parrucchiere o a fare un massaggio. È adottato questo sistema per fare in modo che le famiglie si prendano le proprie responsabilità (i figli non si fanno perché qualcun altro li tenga) e perché tutti possano avere diritto all'asilo pubblico a costi ragionevoli (ridicoli, se paragonati alle centinaia di euro al mese che si spendono in Italia).
E poi, cosa ne pensate di piatti di porcellana piuttosto che di plastica, bicchieri di vetro, stoviglie da adulto (forchetta, cucchiaio e coltello a partire dai 2 anni), il tutto senza uso del bavaglino? Questo è quelle che succede in Svezia, perché i bambini possano imparare semplicemente ad essere indipendenti e responsabili.
Altra cosa impensabile in Italia: tutti i bambini escono all’aria aperta due volte al giorno, doverosamente equipaggiati con vestiti adeguati (neve, pioggia o vento che sia) e una volta a settimana fanno addirittura ginnastica con la musica in giardino (anche d'inverno, a patto che la temperatura non scenda al di sotto dei -10°C).
La scansione della giornata “tipo” invece, è la seguente: 



















Poi ci sono le solite accortezze, largamente diffuse anche in Italia: routine abbastanza rigide, coerenza instancabile, incoraggiamenti, parlare sempre al bambino e non del bambino, professionalità degli educatori e utilizzo di progettazioni educative.

Riassumendo, direi che le differenze più eclatanti fra asili italiani e asili svedesi si possono riscontare:
  • Nella possibilità di usufruire del servizio (in Svezia solo in base alle reali necessità)
  • Nelle uscite in giardino (in S. sono quotidiane, senza preoccuparsi eccessivamente della condizione climatica)
  • Nel costo del servizio (non più di 130€ in S.)
  • Nell’uso di bavaglino (no in S.), posate, piatti e bicchieri (in S. come quelli degli adulti, non in plastica)
  • Nell’età d’ingresso al nido (in S. solo dopo i 12 mesi)
In Svezia, può anche capitare di ricevere la visita a casa dell’educatrice di riferimento, con lo scopo di vedere l'ambiente dove il bambino vive e vederlo interagire nel proprio ambiente.

Che dire? Sicuramente due modi totalmente diversi di vivere, che, naturalmente, influiscono anche sul modo di gestire e organizzare le strutture per l’infanzia.

Fonti
http://onewaytosweden.blogspot.it/2012/07/tutti-scuola-fra-un-po.html
http://genitoricrescono.com/inserimento-nido-tre-giorni-asilo-svedese/
http://tortellinodesign.wordpress.com/tag/asilo-nido/

lunedì 23 dicembre 2013

Ora racconta attraverso il Photolangage...il linguaggio delle immagini!

Ora racconta...

Se dovessi descrivere la tua personale percezione del rapporto coi genitori nei momenti d'incontro e di confronto diretto, quali immagini sceglieresti? Scegli al massimo tre immagini e motivane la scelta con brevi esempi ricavati dalla tua esperienza personale.

Ora racconta attraverso il Photolangage...il linguaggio delle immagini!

Ora racconta...
Se dovessi descrivere la tua personale percezione del lavoro all'intero dell'équipe, quale immagine sceglieresti? Scegli al massimo due immagini e motivane la scelta con brevi esempi ricavati dalla tua esperienza personale e professionale.

Ora racconta attraverso il Photolangage...il linguaggio delle immagini!

Ora racconta...



Se dovessi descrivere il tuo quotidiano e personale rapporto coi bambini all'intero del contesto del nido, che immagine sceglieresti e per quale motivo? (Puoi scegliere al massimo due immagini!)

domenica 22 dicembre 2013

E…COM’É L’AMBIENTAMENTO IN SVEZIA??



A noi potrà sembrare molto strano ma….l’ambientamento al nido in Svezia dura solamente 3 giorni ed è di tipo intensivo!!! In pratica, per tre giorni interi, dalle 9 alle 15, bambino e genitore stanno assieme al nido. Il genitore partecipa a tutte le attività, mangia lo stesso cibo del bambino, dorme con lui sui materassini. Funge quindi da guida all’esplorazione del nuovo ambiente e delle nuove persone che lo popolano. Una mamma italiana che ha vissuto questa esperienza nel suo blog racconta: “A fine giornata ero distrutta, completamente sopraffatta dagli input della giornata” (http://genitoricrescono.com/inserimento-nido-tre-giorni-asilo-svedese/).



Questo tipo di ambientamento è fortemente collegato alla cultura nord europea (dell’indipendenza) e al loro diverso approccio alla vita. Come ben sappiamo, in Italia, l’ambientamento dura circa due/tre settimane, durante le quali si aumenta progressivamente il tempo di permanenza del bambino, mentre si diminuisce il tempo di presenza del genitore. L’ambientamento è sicuramente necessario perché non si può lasciare il bambino in modo brusco, ma forse quello tipico “italiano” rischia di favorire più i genitori che sono insicuri, hanno sensi di colpa e vogliono lasciare il piccolo un po’ alla volta.
Il metodo “dei 3 giorni”, preso all’inizio con molto scetticismo e che ha fatto discutere su quotidiani, riviste e internet, è stato poi accolto con molto entusiasmo sia da educatori che da genitori svedesi. Il metodo è fondato sulla concezione che il bambino piccolo è senso-motorio. Vuol dire che per lui ciò che vede è anche presente, ciò che non vede non è presente. Lo psicologo Maniero afferma: “Un bambino con meno di 24 mesi non cerca ciò che sparisce dal campo visivo e non pensa che possa essere da un’altra parte, semplicemente perché non è in grado di rappresentarlo mentalmente in sua assenza. Quindi, il genitore deve andare via e non tornare indietro: lui subito piangerà ma dopo qualche minuto smetterà perché non lo vede più”. Inoltre i bambini piccoli non hanno il senso del tempo, non percepisco la differenza tra un’ora e un giorno. Quell’aumentare graduale del distacco quindi, da 5 minuti a mezzora a un giorno intero, non è che cambi molto al bambino che sente la mancanza del genitore ed è forse vero che l’aumentare gradualmente serve più al genitore. Inoltre inserire il genitore in toto nelle attività del nido gli permette di conoscere e quindi accettare l’ambiente in cui il figlio passerà la maggior parte della sua giornata. E se un genitore è tranquillo, è più facile che trasmetta tranquillità al figlio e “invece di salutarlo la mattina fingendo un sorriso e pensando ti-prego-non-piangere-o-piango-anche-io, lo lascia sapendo che quel posto è un bel posto, perché lui c’è stato, l’ha vissuto per 3 giorni interi e si è convinto che andrà benissimo” (Serena su http://genitoricrescono.com/inserimento-nido-tre-giorni/).
Una provocazione, quella dell’ambientamento in 3 giorni, stravolgente che potrebbe far cambiare qualcosa anche in Italia, o almeno far iniziare qualche riflessione in merito.


Fonti: dottor Alessandro Manieri, psicologo dell’età evolutiva su http://www.bimbisaniebelli.it/mamma-e-famiglia/bebe/puericultura/consigli-pratici/inserimento-al-nido-o-allasilo-serve-davvero e siti http://genitoricrescono.com/inserimento-nido-tre-giorni-asilo-svedese/ e http://genitoricrescono.com/inserimento-nido-tre-giorni/