mercoledì 18 dicembre 2013

IL PRANZO

Il pasto al nido è un momento delicato. Innanzitutto dobbiamo ricordare che il “cibo e l’alimentazione non hanno solo una dimensione funzionale (interrompere la fame), ma anche una dimensione edonistica, cioè di piacere”(Edwards C., Gandini L., Forman G. (a cura di), I cento linguaggi dei bambini. L’approccio di Reggio Emilia all’educazione dell’infanzia, Junior, Bergamo 2010, 164-168). La bocca infatti è un “luogo relazionale” e il cibo è uno dei cento linguaggi (sempre secondo l’approccio di Reggio Children) attraverso cui si veicolano affetto, saperi e cultura. Tutti noi conosciamo il detto “mangiare con gli occhi”. Si guarda, si odora, si tocca (il bambino ama manipolare il cibo) e poi si gusta. Quindi l’esperienza con il cibo è totale, non solo funzionale alla sopravvivenza. Ed è anche esperienza sociale e socializzante che assume un valore comunicativo.
Le cuoche, devono essere nostre complici e alleate. Sono figure insostituibili nei processi educativi dei bambini perché “ridanno vita” ai cibi, si prendono cura delle persone, assicurando al cibo un valore aggiunto e apportando anche note di qualità estetica. Un rito insomma, quello del pranzo, che ha molteplici valenze educative: la convivialità, la condivisione, il rito dell’apparecchiatura, i processi imitativi, le regole e molto altro.
Le buone pratiche perché il bambino possa mangiare al nido sono:
  • Il bambino deve avere fame
  • Il bambino deve essere sveglio
  • Il bambino deve aver stabilito un rapporto con la persona che gli offre del cibo
  • Deve esserci un ambiente tranquillo
  • Il bambino deve essere in una posizione comoda
  • Il cibo deve essere gradevole, per temperatura gusto e consistenza
  • Il bambino deve poter determinare il ritmo alimentazione
  • Il bambino deve poter entrare in contatto in prima persona con il cibo
Nb: È importante che, per i bambini molto piccoli, sia sostenuta la gradualità del processo di svezzamento


Nessun commento:

Posta un commento